giornate Studi Crotone 2019

 realizzate con il contributo della Regione Calabria (PAC CALABRIA 2014/2020 Azione 3 Tipologia 3.2)

Giornate Internazionali di Studi
in onore di Vincenzo Scaramuzza
19 e 20 giugno 2019
- Sala Museo Pitagora -
Parco Pignera - Crotone

Comunicato stampa a cura di Michele Francolino.

 

A Crotone le Giornate Internazionali di Studi

in onore di Vincenzo Scaramuzza

 

Uno straordinario successo ha accompagnato la conclusione delle due importanti Giornate Internazionali di Studi in onore di Vincenzo Scaramuzza, tenutesi a Crotone il 19 e il 20 giugno scorso nella Sala Museo Pitagora del Parco Pignera, insigne pianista crotonese emigrato in Argentina, dalla cui scuola si formarono generazioni di concertisti, tra i quali alcuni dei più grandi interpreti del nostro tempo. Il Convegno si proponeva di indagare la vita e soprattutto l’opera di Vincenzo Scaramuzza, la “sua” Scuola, il suo modo di insegnare, di formare un grande pianista.
Le due giornate di studi sono state organizzate dall’Istituto di Bibliografia Musicale Calabrese (Ibimus Calabrese), presieduto dal prof. Annunziato Pugliese,  un’associazione culturale che da oltre trent’anni promuove lo sviluppo e la diffusione degli studi storico-musicali a livello nazionale e internazionale in relazione al patrimonio bibliografico, storico, artistico e documentario delle arti musicali fiorite in Italia dal Medio Evo all’età contemporanea, con particolare attenzione alla Calabria e al suo ricco patrimonio storico-musicale.
Le tre giornate di studi – realizzate con il contributo della Regione Calabria (PAC CALABRIA 2014/2020 Azione 3 Tipologia 3.2) e con il patrocinio non oneroso dalla Società Italiana di Musicologia, dall’Istituto Italiano per la Storia della Musica e dal Comune di Crotone - hanno visto la partecipazione di numerosi studiosi che hanno avuto modo di relazionare sulla vita e sull’opera di Vincenzo Scaramuzza (Crotone, 1885) e sulla sua straordinaria scuola di pianoforte fondata a Buenos Aires agli inizi del Novecento. Una straordinaria scuola, fucina di numerosi talenti della tastiera, che il grande didatta calabrese portò avanti fino al 1968, anno della sua scomparsa.


All’apertura dei lavori Valentina Galdieri, assessore alla Cultura del Comune di Crotone ha voluto salutare gli studiosi e il pubblico presente a questo importante appuntamento culturale.

Nel corso della prima giornata, presieduta da Francesco Paolo Russo, gli interventi degli studiosi si sono incentrati sugli anni di formazione del maestro al Conservatorio di Napoli e sull’ambiente che accolse Scaramuzza al suo arrivo in Argentina, nel 1907.



Massimo Distilo ha tracciato un quadro compiuto e approfondito sulla figura di Sigismund Thalberg (1812-1871), il celebre pianista-compositore austriaco che ebbe modo di adottare una serie di formule tecniche assolutamente innovative e rivoluzionarie. Il suo pianismo fu l’unico ad essere accostato e, per certi versi, contrapposto al pianismo trascendentale di Liszt. Vissuto a Napoli negli ultimi anni della sua vita, Thalberg (che aveva sposato Francesca Lablache, figlia del basso-baritono napoletano Luigi Lablache), accanto alla sua attività concertistica ebbe modo di svolgere una notevole attività didattica, determinando la nascita di quella straordinaria Scuola pianistica napoletana della quale è riconosciuto come il naturale caposcuola.

Agli sviluppi e alla diffusione della Scuola napoletana ha dedicato un fondamentale contributo Carla Di Lena, che nel suo intervento ha posto l’attenzione sulla figura di Beniamino Cesi, allievo dello stesso Thalberg e didatta di grande spessore, al punto da essere invitato da Anton Rubinstein, direttore del Conservatorio di San Pietroburgo, a dirigere la scuola di pianoforte nella capitale degli zar. Cesi manterrà la cattedra per sei anni prima di rientrare a Napoli dove avrà come allievi, tra gli altri, Francesco Cilea, Ruggero Leoncavallo ma soprattutto Giuseppe Martucci, Alessandro Longo e Florestano Rossomandi. Di quest’ultimo saranno allievi Vincenzo Vitale e Vincenzo Scaramuzza, come dire due dei principali innovatori della tecnica pianistica nel corso del Novecento.


Musicista e musicologo, Annibale Enrico Cetrangolo, docente all’Universidad de San Martin (Buenos Aires), ha fornito una descrizione completa ed esaustiva sui musicisti italiani a Buenos Aires ai tempi della grande immigrazione, a cavallo tra l’Ottocento e il primo ventennio del Novecento, ne ha tracciato i contesti di lavoro, le collaborazioni, i legami, gli sviluppi culturali.


Un articolato percorso storico-artistico sui musicisti calabresi, per nascita o per origine, è stato il tema dell’intervento di Annunziato Pugliese che si è poi soffermato in particolare sulle figure di Salvador Ranieri, calabrese di Arena, clarinettista, pianista e compositore – studiò in Italia anche con Goffredo Petrassi -, emigrato nel 1947 in Argentina, e del più noto e conosciuto Osvaldo Pugliese. Di quest’ultimo Annunziato Pugliese ha relazionato anche sulle possibili origini calabresi del musicista argentino, compositore a tutto tondo ma noto soprattutto per essere stato l’autore di due celeberrimi tanghi, Recuerdo e La Yumba (1946).


Il cammino umano e artistico di Vincenzo Scaramuzza tracciato nell’accuratissimo intervento di Pamela Panzica, che ha toccato anche alcuni aspetti degli indirizzi pedagogici del musicista crotonese, compreso lo Scaramuzza compositore, certamente quello meno conosciuto, che pure meriterebbe una indagine e uno studio più puntuale e approfondito. Il suo metodo di insegnamento, in cui applicava la tecnica pianistica direttamente sull’opera da studiare, e la personalizzazione dell’impostazione tecnica, che doveva essere sempre modellata sull’artista, sono stati alcuni degli ambiti trattati dalla studiosa, autrice tra l’altro di un fondamentale volume sulla vita e sull’opera del musicista.

Il Concerto


La prima giornata si è conclusa nella cornice del Duomo di Crotone con il concerto che il Trio formato da Anna Pugliese al violino, Gesualdo Coggi al pianoforte e dal grande bandeonista Marcello Nisinman, ha dedicato alla musica italo-argentina, una manifestazione resa possibile grazie alla sensibilità di Don Serafino Parisi, parroco della cattedrale della città pitagorica e dell’Arcivescovo di Crotone. Nel programma - significativamente intitolato Histoire du Tango – diviso in due parti, alle pagine “colte” di Salvador Ranieri (Tres Bagatellas e Toccata per pianoforte), Alberto Ginastera (Pampeana n. 1 per violino e pianoforte) e a due mazurche per pianoforte di Vincenzo Scaramuzza, faceva da contrappunto il tango di Piazzolla, Osvaldo e Carla Pugliese, e del meno noto Pedro Datta, tutti musicisti argentini, musicisti di origini italiane e calabresi.


Se la prima giornata di studi ha indagato gli ambienti in cui Scaramuzza intraprese il suo straordinario percorso di grande didatta del pianoforte nella seconda giornata – presieduta da Annibale Enrico Cetrangolo - dopo la relazione iniziale di Josè Ignacio Weber sulle difficoltà e sull’inserimento di Scaramuzza all’interno degli ambienti artistici di Buenos Aires, tutti i successivi interventi si sono incentrati sulla figura del musicista crotonese. Significativa la testimonianza di Maria Cristina Scaramuzza, nipote del maestro, e quella di Beba Pugliese attraverso una videointervista. Silvina Luz Manzilla, nella sua relazione registrata, ha fornito un importante contributo sullo Scaramuzza compositore, soffermandosi, in particolare, su un brano vocale, Io amo un fiore, che il musicista crotonese compose su una poesia di Heinrich Heine tradotta in lingua italiana. Il brano fu inserito nel Tomo VII di una collezione antologica, La me mejor música del mundo, edita tra il 1918 e il 1922 negli Stati Uniti, e costituisce una importante testimonianza sulla circolazione della musica da salotto nei paesi di lingua spagnola dell’America Latina. Il brano è stato poi eseguito dalla cantante Silvina Martino coadiuvata al pianoforte da Juan Pablo Scafidi. Una serie di interventi hanno evidenziato tutti i diversi aspetti che hanno reso celebre la scuola del maestro calabrese in Argentina e nel mondo, dagli aspetti tecnici al modo di studiare un brano musicale, dallo studio della tecnica direttamente nell’opera all’impostazione della posizione delle mani sulla tastiera, alla fisiologia del braccio, al modo di utilizzare i polpastrelli, senza dimenticare gli aspetti più prettamente umani e personali del maestro, come quella di altri due allievi di Scaramuzza: la pianista Mónica Stirpari, ed Emilio Rabaglino, pianista e direttore d’orchestra, che con il maestro studiò per tredici anni. Entrambi si sono soffermati sul modo in cui Scaramuzza insegnava, sulla durata delle sue lezioni (“c’era un orario di inizio, non si sapeva mai quando si finiva”), ma anche sulle qualità umane del maestro, sulla sua generosità. Rabaglino ha relazionato su alcuni aspetti della tecnica pianistica di Scaramuzza e sull’importanza che egli dava alla caduta del braccio, al controllo del peso del braccio e alla pressione delle dita sulla tastiera. Tutti questi aspetti sono poi stati poi condensati nell’intervento conclusivo di Sebastián Colombo García (Vicente Scaramuzza: los secretos de una escuela), in cui lo studioso ha avuto modo di mettere a fuoco tutte le possibilità tecniche offerte dalla scuola di Scaramuzza, la grande scuola di un grande didatta del pianoforte. Una carriera che, come il maestro ebbe modo di dichiarare nel corso di una intervista, “si svolge tramite gli alunni che ho potuto presentare periodicamente” e “che hanno svolto la loro attività in ogni parte del mondo. Fra loro ricordo De Raco, Westerkamp, Amicarelli, La Via, Scalcione, Martha Argerich, Bruno Leonardo Gelber”. Nomi che non hanno bisogno di ulteriori presentazioni e che hanno rappresentato il frutto di un lavoro continuo e appassionato, l’arte di modellare un musicista personalizzando sugli allievi il suo modo di fare scuola, allo scopo di evidenziare la personalità artistica di ognuno di loro. Anche per questo, a buon diritto, Scaramuzza sarà sempre ricordato come “il maestro dei maestri”.

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